La chirurgia

LA CHIRURGIA

La chirurgia

La resezione epatica è un intervento chirurgico che prevede l’asportazione di una porzione di fegato, detto tessuto (o parenchima) epatico.
L’estensione ed il tipo di resezione epatica variano da paziente a paziente.

Le resezioni epatiche sono pianificate in base a:

  1. caratteristiche della malattia (natura benigna/maligna, numero e dimensione delle lesioni)
  2. sede della malattia e rapporti con strutture vascolari e biliari principali, caratteristiche morfologiche (precedente chirurgia) e funzionali dell’organo (cirrosi, steatosi o alterazioni metaboliche indotte da prolungata chemioterapia)

Gli interventi di resezione epatica sono molteplici e possono consistere nell’asportazione di:

  • un singolo segmento (segmentectomia)
  • una sua porzione (subsegmento)
  • due o tre segmenti (bisegmentectomia, settoriectomia,
    trisegmentectomia)
  • un emifegato (epatectomia destra ed epatectomia sinistra)
  • ulteriori segmenti contigui all’emifegato (epatectomie allargate)

In alcuni casi, in associazione alla resezione epatica, è indicata anche l’asportazione della via biliare (condotto biliare principale e/o sua biforcazione) con la conseguente necessità di ricostruire la continuità bilio-digestiva mediante il confezionamento di anastomosi (ovvero cuciture) tra vie biliari rimanenti e l’intestino, così da ripristinare il deflusso biliare nel tubo digerente.

In altri casi risulta indicato associare alla resezione epatica anche l’asportazione dei linfonodi regionali, ovvero piccole stazioni in prossimità del fegato che drenano il liquido linfatico che esso – come molti
altri organi – produce, e che può essere sede di localizzazioni di malattia.
In particolari situazioni si ritiene opportuno procedere ad un trattamento chirurgico in due tempi:

  • il primo intervento è volto all’asportazione della malattia localizzata in uno dei due emifegati;
  • il secondo intervento è intervallato da un lasso temporale variabile tra alcuni giorni ed alcune settimane, al fine di consentire una crescita del fegato residuo adeguata a supportare le funzioni vitali e consentire il completamento della bonifica di malattia senza compromettere
    la funzionalità postoperatoria dell’organo.

Sia che si tratti di resezioni in un unico tempo o in due tempi, esistono procedure radiologiche ed endoscopiche volte ad ottimizzare la funzione del fegato prima dell’intervento e a limitare al minimo le possibili complicanze postoperatorie (ad esempio, posizionamento di drenaggi/endoprotesi biliari, posizionamento di sondini nutrizionali, embolizzazione portale).

L’intervento di resezione epatica rappresenta il trattamento di scelta sia per tumori maligni che interessano fegato, colecisti e vie biliari sia per patologie di natura benigna.
Tra le patologie che costituiscono frequente indicazione alla resezione epatica vi sono:

Lo scopo della resezione epatica è la rimozione della patologia dimostrata alla diagnostica, allo scopo del miglioramento prognostico, degli eventuali sintomi e della prevenzione delle possibili complicazioni.

Questo tipo di trattamento rappresenta in molti casi l’unica opzione terapeutica in grado di offrire la guarigione al paziente, e pertanto di prolungarne l’aspettativa di vita e conservarne una buona qualità.

Per i pazienti oncologici, la resezione epatica è un trattamento cardine del percorso terapeutico multimodale in quanto segue o precede trattamenti complementari (chemioterapia, radioterapia, terapie biologiche, procedure radiologiche interventistiche) volti ad ottimizzarne i risultati a lungo termine.

Per pazienti affetti da patologie benigne, lo scopo della resezione epatica è preservare la qualità di vita e prevenire possibili complicanze della malattia; inoltre, le patologie benigne sintomatiche trovano nella resezione epatica il loro trattamento definitivo ed ottimale.

L’accesso alla cavità addominale per effettuare l’intervento può essere eseguito mediante tecnica laparotomica o mediante tecnica mini-invasiva laparoscopica.

La tecnica laparotomica prevede un’unica incisione al di sotto dell’arcata costale di destra e a forma di squadra (o “L rovesciata”). Questa modalità di accesso consente al chirurgo di operare qualunque tipo di resezione epatica. Fino a pochi anni fa era questo l’unico approccio possibile per la chirurgia del fegato.

Negli ultimi anni, la tecnica laparoscopica ha fatto il suo ingresso nella pratica clinica, dimostrando alcuni vantaggi per il recupero postoperatorio del paziente senza compromissione dell’adeguatezza oncologica dell’intervento. La laparoscopia sostituisce un’unica, ma più ampia, incisione addominale con alcuni piccoli accessi (di circa un centimetro).

Attraverso gli accessi, dopo aver creato una camera di lavoro mediante l’insufflazione di gas all’interno dell’addome, si inseriscono gli strumenti operatori.

Sotto la guida delle immagini riprese da una telecamera a fibre ottiche inserita attraverso uno degli accessi, il chirurgo è in grado di eseguire l’intervento programmato.
L’operazione si conclude con l’estrazione del pezzo chirurgico mediante un’incisione detta “di servizio” e di dimensioni contenute (5-10 cm localizzata in genere in zona sovrapubica, mediana sopra l’ombelico, o sottocostale).

La conversione dell’intervento laparoscopico alla tradizionale tecnica ad addome aperto rimane possibile in qualunque momento, e viene considerata dal chirurgo a fronte di situazioni intraoperatorie che la rendano opportuna (ragioni anatomiche, tecniche, anestesiologiche). La probabilità di conversione varia 10-20% a seconda del tipo di resezione e delle caratteristiche della malattia.

Il paziente sarà contattato dal Servizio di Programmazione Sanitaria per le comunicazioni organizzative in merito ad una o più giornate da trascorrere presso l’Area Preoperatoria dell’Ospedale scelto per l’intervento durante le quali incontrerà un chirurgo epatobiliare, un medico anestesista e l’infermiera dedicata alla chirurgia epatobiliare (Navigator Nurse).

Tali appuntamenti sono dedicati a valutare l’idoneità del stato di salute generale in previsione dell’intervento e, in alcune strutture (Ospedale San Raffaele di Milano incluso), al counseling preoperatorio volto all’applicazione dei principi ERAS (Enhanced Recovery After Surgery).
Questo protocollo è composto da provvedimenti perioperatori (pre, intra e post) volti ad ottimizzare alcuni fattori che possono agevolare il recupero (dolore postoperatorio, ripristino della funzione intestinale, recupero della capacità di alimentarsi e di deambulare).
L’ obiettivo è quello di snellire il decorso del paziente attraverso la minimizzazione del digiuno e dell’allettamento e la rimozione precoce di presidi come drenaggi e terapie endovenose.
È chiaro, infatti, che senza dolore sarà possibile alzarsi, sedersi in poltrona e riprendere ad alimentarsi già il primo giorno dopo l’intervento; sarà possibile respirare profondamente e tossire senza dolore, evitando così complicanze respiratorie, quali polmoniti; sarà possibile iniziare a camminare, all’inizio per brevi tratti, evitando complicanze quali la trombosi venosa periferica.

Durante tutta la degenza il paziente sarà assistito ed aiutato da personale medico ed infermieristico per raggiugere al meglio questi obiettivi. In questa fase saranno sicuramente di supporto la figura professionale della Navigator Nurse e dei fisioterapisti dedicati, se necessario.

Il medico anestesista sarà al fianco del paziente durante questo percorso confezionando
un trattamento anestesiologico su misura per lei, in accordo con la tipologia di intervento definita dal chirurgo. L’intervento chirurgico necessita di un’anestesia generale, che prevede
la perdita di coscienza, la miorisoluzione (il rilassamento di tutti i suoi muscoli per rendere possibile l’intervento) e di una adeguata terapia del dolore.

A tale scopo, in aggiunta ai routinari esami preoperatori (esami del sangue, elettrocardiogramma e radiografia del torace), è prevista la visita specialistica anestesiologica durante la quale verrà valutata l’idoneità all’anestesia generale anche attraverso la richiesta di ulteriori accertamenti (ad esempio, indagini cardiologiche, pneumologiche, ematologiche).

Al fine di garantire un’ottimale copertura del dolore, soprattutto nei primi giorni dopo l’intervento chirurgico, il medico anestesista assocerà all’anestesia generale una tecnica di analgesia postoperatoria. Per questo è utile portare con sé un riassunto dello stato di salute generale (scritto eventualmente con l’aiuto del medico di Medicina Generale) e una lista delle medicine assunte quotidianamente. 

Dopo l’intervento, il paziente ritornerà nel reparto di degenza ordinaria, dove il personale medico ed infermieristico altamente specializzato lo seguirà per tutta la durata della degenza.

Solo in casi particolari sarà necessario trascorrere il primo periodo postoperatorio nell’Unità di Terapia Intensiva. Al termine dell’intervento, il paziente sarà portatore di catetere vescicale (che permetterà di monitorare la diuresi) e di uno o più accessi venosi (che consentiranno la somministrazione di liquidi e farmaci per via endovenosa).
Per un rapido ed efficace recupero sarà importante seguire le indicazioni del personale medico ed infermieristico, in particolare tempi e modalità di mobilizzazione.
Saranno consigliati strumenti per favorire un’adeguata ossigenazione e per la prevenzione della trombosi venosa profonda degli arti inferiori.

Saranno anche indicati i tempi e le modalità più idonee ad un efficace recupero alimentare, in base alla tipologia specifica di intervento.

Sebbene la maggior parte dei pazienti abbia un recupero veloce e privo di complicanze, come per tutti gli interventi di chirurgia maggiore, esistono alcuni rischi e possibili complicanze associate alla resezione epatica.

La Chirurgia Epatobiliare dell’Ospedale San Raffaele di Milano è un’unità ad elevata specializzazione nella quale vengono condotti routinariamente un elevato numero di interventi ogni anno, anche di grande complessità.
Come per altre discipline chirurgiche, anche in chirurgia epatobiliare l’evidenza ha dimostrato che competenze specifiche ed esperienza estensiva sono tra i fattori  determinanti il raggiungimento di risultati chirurgici e oncologici ottimali.
Tuttavia, anche in queste condizioni le complicanze postoperatorie non sono completamente eliminabili, e pertanto possibili, soprattutto in pazienti anziani e/o affetti da patologie associate. 
La maggior parte delle complicanze è di severità contenuta e ha come effetto un incremento dei giorni di degenza postoperatoria per portare a conclusione trattamenti farmacologici a somministrazione esclusivamente ospedaliera e/o di monitorare l’evoluzione clinica attraverso esami diagnostici (ematici o radiologici), o presidi in sede (ad esempio drenaggi).

Le possibili complicanze comuni ad altri interventi di chirurgia maggiore includono:

  • Infezioni (più frequentemente della ferita, intraddominali, polmonari, o delle vie urinarie);
  • Complicanze cardiovascolari (ischemie cardiache o cerebrali, aritmie, trombosi venose degli arti con possibile embolizzazione nel distretto arterioso polmonare);
  • Complicanze a carico del tubo digerente (gastriti acute, ulcere, occlusioni o perforazioni intestinali, rallentato transito gastrointestinale).

Complicanze specifiche che possono insorgere a seguito di un intervento di resezione epatica sono:

  • Emorragia: poiché il fegato è un organo molto vascolarizzato, il rischio di emorragia durante l’intervento anche nelle prime 24-48 postoperatorie non è trascurabile. Circa il 20-30% dei pazienti necessita di trasfusioni di sangue durante o dopo l’intervento chirurgico.
    Nel caso di emorragia che si manifesti durante il periodo postoperatorio, esiste la possibilità che si renda necessario un ulteriore intervento chirurgico per interrompere il sanguinamento e rimuovere i coaguli.
  • Insufficienza epatica: nei casi in cui il fegato residuo dopo la resezione epatica sia insufficiente a mantenere le sue normali funzioni, si manifesta il quadro di insufficienza epatica caratterizzato dai seguenti segni/sintomi:
    1. Comparsa di ittero (colorazione gialla della cute e degli occhi)
    2. Comparsa di ascite (abbondante liquido sieroso che si accumula nell’addome) che potrebbe richiedere la somministrazione di diuretici ed albumina per via endovenosa
    3. Alterazione dei parametri emocoagulativi che può richiedere la somministrazione di plasma e di farmaci specifici
    4. Comparsa di disturbi neurologici determinati dall’incremento della concentrazione nel sangue dell’ammonio
  • Fistola biliare: consiste nella fuoriuscita di bile dalla superficie di sezione del fegato. Quando si seziona il fegato si attraversano dotti biliari che vengono interrotti e suturati. Generalmente la fistola biliare non causa problemi se la bile viene fatta defluire all’esterno dell’addome mediante drenaggi posizionati al momento dell’intervento o anche successivamente); nella maggior parte dei casi si risolvono spontaneamente. Talvolta è necessario favorire il regolare deflusso della bile nella via biliare principale verso l’intestino attraverso una procedura endoscopica, denominata ERCP, con la quale si allarga lo sbocco del coledoco in duodeno per eventualmente inserire una protesi provvisoria. In casi più rari il problema necessita di una correzione radiologica o chirurgica
  • Versamento pleurico: consiste nell’accumulo di liquido tra la parete toracica ed il polmone. È causato dall’irritazione del muscolo diaframma che, per ragioni anatomiche, può essere ripetutamente manipolato durante la resezione epatica. In alcuni casi è necessario
    procedere all’aspirazione del liquido mediante toracentesi, cioè con l’inserimento eco-guidato di un piccolo catetere di drenaggio all’interno del cavo pleurico.

Per la prevenzione di tali complicanze sono previste terapie o provvedimenti specifici, che includono:
Terapia anti-acida per una copertura gastrica contro l’ulcera da stress
Profilassi antitrombotica mediante farmaci derivati dell’eparina
• Eventuali antibiotici o fluidificanti biliari

Tra le possibili menomazioni permanenti, l’incisione chirurgica potrebbe lasciare una cicatrice particolarmente visibile sull’addome (denominata cheloide) cioè una cicatrice esuberante e rilevata.
Tale evento non è in alcun modo prevedibile, in quanto dipende esclusivamente dai processi di cicatrizzazione individuali.
Esiste inoltre la possibilità che si manifesti un cedimento della parete addominale in corrispondenza della cicatrice chirurgica (ernia incisionale o laparocele), in particolare dopo interventi eseguiti mediante la tradizionale tecnica laparotomica. Il laparocele si manifesta con un gonfiore sulla linea di incisione e può essere associato ad un dolore gravativo. Per prevenirne l’insorgenza, le sarà consigliato di indossare un indumento elastico contenitivo per almeno 3 mesi a seguito dell’intervento.
L’ernia incisionale potrebbe richiedere un trattamento chirurgico volto alla riparazione del difetto della parete addominale con l’interposizione di una rete non riassorbibile.
Nella maggior parte delle casistiche, il tasso di mortalità nei pazienti con fegato sano, senza patologie concomitanti ed in cui viene asportata una quota di tessuto epatico inferiore al 60-70% del totale è inferiore all’1%.
Il tasso di mortalità può arrivare al 10% nei caso di resezioni epatiche estese in pazienti con fegato alterato da cirrosi epatica, prolungata chemioterapia, o da ittero significativo (come spesso accade per pazienti affetti da tumore di Klatskin).
La mortalità è più frequentemente dovuta ad insufficienza epatica postoperatoria e a infezioni (generalmente a partenza addominale o polmonare).

Per ridurre il rischio di mortalità legata ad insufficienza epatica postoperatoria, l’adeguatezza della porzione di fegato residuo in previsione di resezione epatica estesa sarà valutata dal punto di vista volumetrico (mediante volumetria su TC o risonanza magnetica) e/o funzionale (mediante scintigrafia sequenziale epatobiliare).
In caso di valori preoperatori subottimali, dal punto di vista volumetrico e/o scintigraficole sarà proposta una procedura preoperatoria volta a stimolare l’incremento del volume e della funzione epatica.
Tale procedura è definita embolizzazione portale (o PVE – Portal Vein Embolization) e consiste nell’occlusione per via radiologica del ramo portale afferente alla porzione di fegato da rimuovere, con conseguente reindirizzamento del flusso sanguigno portale verso la porzione di fegato che sarà conservata, così da stimolarne la crescita (e quindi assicurarsi
una funzione epatica adeguata ai fabbisogni dell’organismo) prima di procedere alla resezione chirurgica della porzione da asportare.

La durata della degenza postoperatoria dopo la chirurgia del fegato è variabile.

In assenza di complicanze, la dimissione sarà valutata a partire dalla terza giornata postoperatoria e comunque solo quando le sue condizioni di salute saranno giudicate compatibili con una prosecuzione della convalescenza al domicilio. In alcuni casi sarà possibile pianificare una degenza postoperatoria di 24 ore, con dimissione il giorno successivo all’intervento.

Avvertire dolore di entità modesta in sede di ferita è molto frequente; ciò è dovuto alla sezione della parete addominale e delle sue componenti (guaine muscolari in particolare).
Il dolore, che potrebbe accentuarsi con il movimento, sarà controllato con i farmaci antidolorifici che le verranno prescritti al momento della dimissione; il trattamento analgesico dovrà essere progressivamente scalato sino alla sospensione in concomitanza della scomparsa della sintomatologia.
In caso dovesse avvertire un dolore addominale di severa entità e/o non responsivo agli antidolorifici riteniamo utile una rivalutazione al fine di escludere complicanze ed, eventualmente, potenziare il trattamento in corso.

In generale i controlli includono una prima valutazione chirurgica tra 10 e 15 giorni dall’intervento per rimozione dei punti di sutura.

A circa 30-45 giorni dall’intervento è consigliabile prenotare una visita chirurgica ambulatoriale volta a:

  • Rivalutazione clinica generale
  • Controllo degli esami ematici indicati alla dimissione
  • Consegna e discussione del risultato dell’esame istologico
  • Impostazione dello schema di controlli e cure successive (qualora indicato)

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